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L’epidemia dell’odio: nell’ultimo anno 1.379 aggressioni razziste, omotransfobiche, antisemite e abiliste

News

16 febbraio 2022

Pugni, calci, insulti. Gli episodi sono in forte aumento rispetto al 2020 e a farla da padrone sono le violenze fisiche. «C’è rassegnazione, quasi sfiducia verso le istituzioni: serpeggia la convinzione che qualsiasi denuncia sarà inefficace» segnala l’Unar.

Il mese è quello di maggio 2021, primi segni di “ritorno alla normalità”. Fine dei lockdown e locali che riaprono. Zaihra, ragazza trans di 21 anni, aspetta una sua amica in piazza Currò, centro di ritrovo per i giovani catanesi. Un ragazzo la fissa mentre lei parla al telefono. Poi le si avvicina e le sferra un pugno in faccia. Sviene e nessuno interviene. Occhio gonfio e mascella rotta.

Nel mese di ottobre a Roma il quartiere di San Lorenzo ritorna a pulsare tra bar e discoteche, Jamilton, romano di 26 anni con origini brasiliane esce da un locale verso le 2 di notte, saluta gli amici e si avvia verso la macchina. Prima gli insulti: «Guarda se sto negro de merda m'ha rubato er cellulare, mo lo pisto». Poi un branco di quattro uomini lo circondano, gli spaccano una bottiglia in testa e lo massacrano intonando in coro: «Brutto negro».

Omotransfobia, razzismo, abilismo, antisemitismo le voci che si uniscono per denunciare il clima di violenza montante vengono raccolte dall’Unar (Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali della Presidenza del Consiglio). Da 913 episodi di discriminazione del 2020, si è passati a 1.379. Con un dettaglio non da poco conto: i dati visionati e pubblicati in anteprima da L’Espresso registrano un balzo di aggressioni fisiche rispetto all’anno precedente.

Con le “riaperture” si preferiscono calci e pugni all’offesa: l’odio virtuale scende dal 34% al 17%, Mentre salgono le aggressioni fisiche: nel 2020 erano il 65 per cento (soprattutto tra le mura domestiche), nel fanno un balzo e toccano l’82 per cento.

La discriminazione abbandona il virtuale e torna a sommergere la vita reale delle persone, nelle loro relazioni familiari e di vicinato, nei luoghi che frequentano o dai quali vengono allontanati o preclusi. Figli buttati fuori casa per via del proprio orientamento sessuale o identità di genere, cittadini insultati e picchiati per strada per il colore della pelle. E ancora manifesti, striscioni, cartelli, scritte sui muri che illuminano la guerra invisibile alle minoranze.

La piramide dell’odio tracciata dall’UNAR mette al primo posto le persone aggredite per motivi etnico-razziali: il 2021 ha registrato 709 casi rispetto ai 545 del 2020. Di queste 499 vittime sono straniere. Seguono poi le persone aggredite per il “colore della pelle” (137), a cui vengono rivolti insulti che ricalcano un copione rigido e caro al vocabolario razzista: «negro di merda», «marocchino di merda», «clandestino», «vattene», «ritorna da dove sei venuto». Parole manifesto del sentimento di odio e pregiudizio di inferiorità basato sulla “razza”.

Sono invece 241 i casi denunciati di discriminazioni per “Religione o convinzioni personali”, rispetto ai 183 del 2020. In Italia è l’antisemitismo a crescere a dismisura. Si contano 170 casi rispetto agli 89 del 2020. Una recrudescenza del pregiudizio antisemita, oggi come in passato, che si esprime in forme cospiratorie, additando nelle persone di religione ebraica qualsiasi colpa. Già il rapporto della Wzo, l'Organizzazione sionista mondiale, e dell'Agenzia ebraica per Israele, aveva sottolineato come il 2021 fosse stato l'anno più antisemita dell'ultimo decennio.

Per l’Italia la conferma della tendenza arriva dall’UNAR. L’anno iniziato con insulti e minacce alla senatrice a vita Liliana Segre è proseguito con la diffusione di teorie complottiste sulla pandemia e vaccini dalle pagine social. Si è arrivati alle manifestazioni no-vax, con cartelli antisemiti. Ci sono poi le testimonianze delle aggressioni fisiche che sembrano far fare marcia indietro nel tempo: in una importante città dell’Italia centrale, nel tardo pomeriggio, un ragazzo con indosso la kippah viene colpito da dietro con un pugno e poi uno sputo. Mentre in una scuola primaria due studenti, venuti a conoscenza delle origini ebraiche di un compagno, lo sottopongono ad una serie di molestie: facendogli il saluto fascista, tentando di disegnargli svastiche sul corpo ed aggredendolo fisicamente con calci e pugni.

Non vengono risparmiate dall’odio le persone Lgbt che, come fanno notare dall’Ufficio Antidiscriminazione della Presidenza del Consiglio: scontano un’ondata di visibilità prodotta dal dibattito pubblico consumatosi nel 2021 sul ddl Zan, dentro e fuori dal Parlamento. Fake-news, stereotipi di genere e pregiudizi che si sono tradotti, nel tessuto sociale, in una vera e propria conflittualità, fatta di discriminazioni e violenze. Si registra un caso di omotransfobia ogni due giorni. Dai 93 episodi denunciati nel 2020, si è passati ai 238. Persone trans inseguite e aggredite per strada, ragazzi e ragazze costrette a terapie riparative, macchine distrutte e aggressioni fisiche a coppie colpevoli di tenersi per mano o scambiarsi un bacio pubblicamente.

È stato anche l’anno dell’abilismo, parola che rinchiude dentro tutte quelle violenze fisiche, alla proprietà e verbali perpetrate ai danni delle persone con disabilità. Il 2020 aveva registrato una flessione delle aggressioni pari a 49 casi, con il “ritorno alla normalità” i casi di abilismo toccano la punta di 141 aggressioni. Sono dati parziali, sottolineano dall’Unar, poiché fanno riferimento solo a casi denunciati oppure segnalati dalla stampa. Lo scenario, dunque, potrebbe essere peggiore.

«I dati ci dicono che l’anno trascorso sconta la rabbia accumulata e la paura dell’anno precedente. Con le maggiori aperture c’è stata una ripresa della circolazione delle persone e un aumento delle aggressioni fisiche» spiega Triantafillos Loukarelis, direttore Ufficio nazionale anti-discriminazione razziale. «Come Unar abbiamo due difficoltà: siamo poco conosciuti e poi c’è una rassegnazione, quasi una sfiducia verso le istituzioni: serpeggia la convinzione che qualsiasi denuncia sarà inefficace oppure addirittura controproducente».

Il metodo dell’UNAR sui casi di discriminazione è preciso: una volta ricevuta la segnalazione del caso, si attiva un lavoro di verifica ed eventualmente di supporto della vittima. Non tutte le segnalazioni, dunque, vengono registrate. «Molte persone nell’ultimo ci hanno contattato perché si sentivano discriminati in quanto non vaccinati. Semplicemente temevano gli effetti dei vaccini - spiega Loukarelis - Spesso sono persone che hanno paura perché non hanno le giuste informazioni. C’è questa idea che i no-vax siano solo radicali ma non è così. Così li abbiamo indirizzati verso i servizi regionali che potevano dare tutte le informazioni necessarie per comprendere».

Fornire informazioni, supporto e orientamento è il compito dell’ufficio che nell’ultimo anno si è fatto carico di qualsiasi tipo di denuncia: «I nostri operatori specializzati si prendono carico delle segnalazioni. Spesso si può agire anche sulla base di moral suasion parlando con le istituzioni locali, ad esempio. Quando ci sono questioni che possono aver, per così dire, un riflesso giudiziario, abbiamo pronto una squadra legale pronta a trasmettere un parere».

L’Unar ci prova, in sinergia con le associazioni che lottano contro l’odio. Intanto dal Parlamento arrivano nuove rassicurazioni per una ripresa del testo di legge contro l’omotransfobia, la misoginia e l’abilismo. Potrebbero ripresentare un testo ad aprile sia Alessandro Zan del Partito Democratico alla Camera, sia Alessandra Maiorino del M5s al Senato. Fuori dai palazzi però ritorna la paura, alcuni temono più di prima e tacciono, altri dicono basta e trovano la forza di denunciare cercando sostegno. In attesa di uno scatto della politica, i cittadini fanno da sé mentre la lacerazione sociale cresce.

(fonte Espresso.repubblica.it apre una nuova finestra )