Normativa originaria

  • La Convenzione europea per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali, firmata nel 1950 dal Consiglio d’Europa, è un Trattato internazionale finalizzato a tutelare i diritti umani e le libertà fondamentali in Europa.  La Convenzione ha istituito la Corte europea dei diritti dell’uomo, volta a tutelare le persone dalle violazioni dei diritti umani. Ogni persona i cui diritti sono stati violati nel quadro della Convenzione da uno Stato parte può, quindi, adire la Corte, in assenza di altri rimedi all’interno dello Stato di cui è cittadino.L’art. 14 della CEDU riconosce con formula assai ampia il divieto di discriminazione. Nello specifico prevede che il godimento dei diritti e delle libertà riconosciuti dalla Convenzione debba essere assicurato senza nessuna discriminazione – in particolare quelle fondate sul sesso, la razza, il colore, la lingua, la religione, le opinioni politiche o quelle di altro genere, l’origine nazionale o sociale, l’appartenenza a una minoranza nazionale, la ricchezza, la nascita od ogni altra condizione.

  • Il Protocollo n. 12 allegato alla CEDU, entrato in vigore il 1 aprile 2005, espande ulteriormente la portata del divieto di discriminazione garantendo un equo trattamento nel godimento di ogni tipologia di diritti (inclusi quelli previsti dal diritto nazionale). Il fine è quello di rafforzare la tutela da ogni forma di discriminazione, considerata il reale ostacolo alla piena tutela dei diritti dell’uomo. In particolare, l’art. 1 prevede che: «1. Il godimento di ogni diritto previsto dalla legge deve essere assicurato senza nessuna discriminazione, in particolare quelle fondate sul sesso, la razza, il colore, la lingua, la religione, le opinioni politiche o di altro genere, l‘origine nazionale o sociale, l‘appartenenza a una minoranza nazionale, la ricchezza, la nascita o ogni altra condizione. 2. Nessuno potrà essere oggetto di discriminazione da parte di una qualsivoglia autorità pubblica per i motivi menzionati al paragrafo 1.»

  • Il principio di non discriminazione costituisce oggetto di ulteriori documenti emanati dal Consiglio Europeo. Innanzitutto la Carta Sociale Europea, nella versione modificata nel 1996, che include sia il diritto alle pari opportunità che quello a un equo trattamento in materia di assunzione e occupazione, proteggendo da forme di discriminazione orientate secondo il genere. Inoltre, una tutela contro diverse e specifiche forme di discriminazione è fornita dalla Convenzione Quadro per la Protezione delle Minoranze Nazionali, Convenzione sulla Lotta contro la tratta degli Esseri Umani e un riferimento alla protezione contro la discriminazione si rinviene anche nel Protocollo Addizionale alla Convenzione sulla Criminalità Informatica.

  • Passando allo specifico ambito UE, la Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione europea – che riconosce una serie di diritti personali, civili, politici, economici e sociali dei cittadini e dei residenti dell’UE – con l’entrata in vigore del trattato di Lisbona nel 2009, ha acquisito lo stesso effetto giuridico vincolante dei trattati dell’Unione europea. La Carta ha lo scopo di riunire in un unico documento i diritti che erano dispersi in vari strumenti legislativi.

    Se l’art. 20 della Carta enuncia il principio di uguaglianza davanti alla legge, l’art. 21 pone un divieto di generale di discriminazione fondata sul sesso, la razza, il colore della pelle o l’origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l’appartenenza ad una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, gli handicap, l’età o le tendenze sessuali e anche sulla cittadinanza.

  • Il Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) è, insieme al Trattato sull’Unione europea (TUE), uno dei trattati fondamentali dell’UE. Nel TFUE, vi sono numerosi riferimenti al principio di non discriminazione.

    L’art. 10 sancisce che l’Unione europea, nella definizione e nell’attuazione delle sue politiche e azioni, miri a combattere le discriminazioni fondate sul sesso, la razza o l’origine etnica, la religione o le convinzioni personali, la disabilità, l’età o l’orientamento sessuale.

    L’art. 18 vieta qualsiasi forma di discriminazione effettuata in base alla nazionalità e prevede che il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando attraverso la procedura legislativa ordinaria, possano stabilire regole volte a vietare tali discriminazioni.

    L’art. 19 prevede, al paragrafo 1, che – fatte salve le altre disposizioni dei trattati e nell’ambito delle competenze da essi conferite all’Unione – il Consiglio, deliberando all’unanimità secondo una procedura legislativa speciale e previa approvazione del Parlamento europeo, possa prendere provvedimenti opportuni per combattere le discriminazioni fondate sul sesso, la razza o l’origine etnica, la religione o le convinzioni personali, la disabilità, l’età o l’orientamento sessuale. In deroga al paragrafo 1, il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria, possono adottare i principi di base delle misure di incentivazione dell’Unione, ad esclusione di qualsiasi armonizzazione delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri, destinate ad appoggiare le azioni degli Stati membri volte a contribuire alla realizzazione degli obiettivi di cui al paragrafo 1 della legge.